Per la Cassazione è legittima la delibazione della sentenza ecclesiastica di nullità dei matrimonio anche durato oltre tre anni

di Lucia Izzo - Deve ritenersi legittima la delibazione della sentenza ecclesiastica di nullità del matrimonio, durato più di tre anni, in caso di incapacità di un coniuge di assumere gli obblighi essenziali del matrimonio.


Ciò in quanto l'eccezione relativa alla convivenza triennale come coniugi, ostativa alla positiva delibazione della sentenza ecclesiastica di nullità del matrimonio, rientra nelle eccezioni che la legge riserva alla disponibilità della parte interessata.


Lo ha chiarito la Corte di Cassazione, prima sezione civile, nella sentenza n. 24729/2018 (qui sotto allegata) rigettando il ricorso del Procuratore Generale presso la Corte di Cassazione stessa contro il provvedimento che aveva dichiarato efficace nella Repubblica Italiana la sentenza di nullità del matrimonio concordatario emessa dal Tribunale Ecclesiastico competente.


In particolare, la nullità del matrimonio, celebrato nel 1983, era stata dichiarata molti anni dopo (nel 2015) per grave discrezione di giudizio circa i diritti e doveri matrimoniali e per incapacità di assumere gli obblighi essenziali del matrimonio, per cause di natura psichica, da parte del marito, che aveva promosso il giudizio di nullità.


Per la Corte d'Appello non sussistevano ostacoli alla dichiarazione di efficacia derivante da principi di ordine pubblico, in particolare quello della tutela dell'affidamento incolpevole dell'altro coniuge, non invocato dalla parte interessata.

Matrimonio nullo anche dopo 27 anni

In Cassazione, il Procuratore generale richiama i precedenti delle Sezioni Unite (sent. nn. 16379 e 16380 del 2014) secondo cui alla favorevole delibazione della sentenza ecclesiastica di nullità del matrimonio osta, quale limite di ordine pubblico interno, la convivenza delle parti come coniugi protrattasi per almeno un triennio. Invece, nel caso di specie, i due coniugi convissuto per circa 27 anni e avevano avuto due figli.


Gli Ermellini, pur affermando di condividere il contenuto dei richiamati precedenti, ritengono che proprio le Sezioni Unite si siano date carico del consolidato orientamento giurisprudenziale restrittivo in tema di eccezioni in senso stretto, richiamato nel ricorso della Procura generale, concludendo tuttavia motivatamente che l'eccezione relativa alla convivenza triennale come coniugi, ostativa alla positiva delibazione della sentenza ecclesiastica di nullità del matrimonio, rientra appunto tra quelle che l'ordinamento riserva alla disponibilità della parte interessata.


E ciò, si legge in sentenza, argomentando sia dalla "complessità fattuale" delle circostanze sulle quali essa si fonda e dalla connessione molto stretta di tale complessità con l'esercizio di diritti, con l'adempimento di doveri e con l'assunzione di responsabilità personalissimi di ciascuno dei coniugi, sia dalla espressa previsione della necessità dell'eccezione di parte nell'analoga fattispecie dell'impedimento al divorzio costituito dall'interruzione della separazione, ai sensi dell'art. 3 della legge 1° dicembre 1970, n. 898.


In conclusione, il matrimonio delle parti può dirsi definitivamente annullato anche per la Repubblica Italiana.

Cass., I civ. sent. n. 24729/2018

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